Il carattere era quello di una fabbrica a conduzione familiare, con soli 10 operai esterni. Allora, i processi produttivi erano differenti: le macchine non erano automatiche, bisognava, quindi accenderle e metterle in moto manualmente. Se facevi l’operaio all’epoca, imparavi anche a fare il meccanico specializzato, poiché nasceva la necessità, di tanto in tanto, di riparare qualche macchinario che si bloccava o, semplicemente, che perdeva colpi. Inoltre, molti processi produttivi erano fatti a mano, senza supporto meccanico: ricordo le ore che mio padre passava a tagliare le pelli con le sue stesse mani.
In pochi anni il lavoro aumentò, fino a comprendere 35 operai manifatturieri; il lavoro riguardava esclusivamente le BORSE DI PELLE di nostra produzione, dal disegno fino alla creazione del prodotto finale.
Furono anni importanti e di intenso lavoro; fino la fine degli anni ’90. Sì, perché allora arrivò il momento buio della pelletteria italiana, in coincidenza con l’apertura globale del mercato asiatico: molte aziende chiusero, altre ridussero drasticamente il numero dei dipendenti. Anche i miei genitori si trovarono a dover fronteggiare anni molto duri, con gravi perdite economiche, quasi fino a chiudere le porte dell’azienda.
Ci furono molti sacrifici e importanti rinunce, ma soprattutto ci furono le Scelte; La Fad.Pel rinunciò alla produzione dei propri prodotti per diventare Terzista e lavorare, quindi, con commissioni di altri Brand.